Gianni Petrucci, presidente della Federazione Italiana Pallacanestro, non legge i siti a tema basket perché sono frequentati da persone che covano risentimento contro di lui. Un po’ non ne ha bisogno: Dio gli parla. Un po’ la gente è cattiva. Qualcuno si pente e torna sui suoi passi cospargendosi il capo di cenere. Come Eugenio Crotti, che in un primo momento si era candidato alla presidenza FIP e poi ha deciso di ritirarsi, lasciando il buon Gianni a votarsi contro da solo. Candidato unico. Dal nuovo che arretra al vecchio che insiste, si può dire.
Petrucci comincia nel 1977 la sua prestigiosa carriera come segretario generale FIP. Resta in carica sino al 1985. Nel tempo libero fa uno zompo in FIGC, sempre come segretario generale e commissario straordinario dell’Associazione Italiana Arbitri (il primo che sente puzza di conflitto d’interessi, è una brutta persona). Dal 1992 al 1999 è presidente FIP, dopo sei mesi come vice-presidente esecutivo dell’As Roma. Dal 1999 al 2009, è presidente del CONI, con una parentesi nel 2000-2001 come commissario straordinario FIGC (a volte ritornano…gli altri; Petrucci, sempre). Si dimette dal CONI nel 2013, quando torna all’antico amore: la presidenza della FIP. Confermato nel 2016 con un sobrio 92.05% dei voti.
Per dare un’idea: nel 1977, quando Petrucci s’inpoltrona – le sedie sono plebee – la Rai pone fine a Carosello e inizia a trasmettere a colori. Cominciano i processi alle Brigate Rosse e il nazista Kappler fugge dal carcere del Celio. Il colonnello Gheddafi si prende la Libia, in Spagna ci sono le prime elezioni libere dopo la fine del regime franchista. L’Atari mette in vendita Atari 2600, la prima console per videogiochi della storia. A Marsiglia, la ghigliottina cala per l’ultima volta sulla testa di Amida Djandoubi. Petrucci c’è.
Nel frattempo, il secondo sport italiano procede bene ma non benissimo. Dal 2000 ad oggi, si sono verificati nel basket oltre 100 fallimenti, fra serie A, A2 e B. Una media poco invidiabile di cinque fallimenti all’anno. Vittime illustri: Verona, Montecatini, Virtus Bologna, Pesaro, Trieste, Messina, Roseto, Napoli, Capo d’Orlando, Fortitudo Bologna, Teramo, Siena, Roma. Per tacere dei figli di un dio minore che galleggiavano in A2 e B. Fallimenti, auto-retrocessioni, auto-retrocessioni seguite da fallimenti, ri-fallimenti. Una strage. Mica tutta e solo colpa di Petrucci, ci mancherebbe. Rimbalzista d’acciaio e smalto, stoppa poltrone a grappoli e fa ripartire l’azione passandole a se stesso, ma sono dettagli.
Ci sono canali Youtube che ormai valgono più del basket italiano, se è vero che la finale di Supercoppa 2019 in onda su Nove (piattaforma Sky) è stata seguita da appena 120.000 spettatori. Verrebbe da chiedere se per caso il presidente di Federazione abbia responsabilità oggettive. Macché. Petrucci è umiliato e offeso.
Sentite qui: “Oggi tutti gli sport professionistici hanno bisogno di certezze e invece non le abbiamo. Questi no che riceviamo ogni volta sul pubblico, sui protocolli e su tutto vorrei che fossero motivati perché se è vero che ci dobbiamo convivere, dobbiamo anche fare una programmazione altrimenti si va a sbattere contro un muro”.
Pazienza se i “no”, come li chiama Petrucci, sono motivati eccome dal rischio contagio. Si può discutere se sia una buona o cattiva motivazione – noi pensiamo non lo sia – ma la motivazione c’è. Caso mai, è quel “convivere” che ci lascia perplessi: a questo punto, dovremmo conmorire. Non tanto e non solo per il Covid-19, sportivamente parlando. Anche e soprattutto per mala gestione. Quanto ai muri, Petrucci è ormai la Grande Muraglia. I muri che si trova davanti li sbriciola come pansecco.
Insiste Petrucci, in veste esistenzial-clerico-minacciosa: “Ho sentito troppe frasi offensive e qualcuno dovrebbe chiedere scusa. Si è detto che lo sport non è essenziale. Per me è una bestemmia. Cosa è essenziale allora? Certo che non il primo valore della vita, la scuola è certamente più importante, anche il lavoro, ma lo sport riveste un ruolo altrettanto importante e merita la massima attenzione, cosa che nelle ultime settimane non mi pare abbia avuto. Serve ripartire con il pubblico e con una programmazione altrimenti si rischia davvero un default che non serve a nessuno”.
Già. E il default degli ultimi vent’anni, con 100 squadre smantellate, a chi è servito? Serve “programmazione”, dice Petrucci, e cita se stesso: programmazione. Programmazione, programmazione. Non avete ancora capito? Programmazione. Attendiamo lumi circa i contenuti del programma, o pensa il presidente federale che le cose si realizzino per autopoiesi? Che basti dire “programmazione”, o “progetto”, o “riforma” e le cose puf, appaiano per magia? Non è poi vero che Petrucci non abbia certezze. Dal 1977 ne ha una inossidabile, rocciosa, immortale: se stesso.
E per dirla tutta, ne ha anche un’altra: non legge. Adesso siamo tutti più tranquilli. Nel 2025, pare che Luca Parmitano e Samantha Cristoforetti torneranno sulla luna. O almeno, sono fra i candidati della NASA. Se non gli da troppo fastidio la concorrenza di altri aspiranti e visto che il buon Petrucci ha bucato lo sbarco del ’69 per un soffio, al posto suo ci faremmo un pensierino… Fra l’altro, c’è il forte sospetto che nel 2025 il basket sarà ridotto a dopolavoro ferroviario. Allora Petrucci dovrà trovare un nuovo pianeta da colonizzare o distruggere. E soprattutto, il Grande Muraglio potrà dirci se dalla luna vede se stesso.